

I nostri blocchi: ostacoli od opportunità? - di Luciano Silva
Come navigare nella sincronicità e serendipità.
22/04/2025
Quando recuperiamo la nostra capacità di interagire con la realtà interna o esterna attraverso l’immaginazione creativa, il mondo si apre attorno a noi e la natura si mostra come una “foresta di simboli”, come disse magnificamente Baudelaire. Come possiamo invocare un aiuto dall’invisibile quando ci troviamo davanti a blocco o immagini negative ci perseguitano? Lo strumento immaginale è alla base di molte terapie e, soprattutto, è il linguaggio preferito dall’anima nei sogni.
I poteri dell’immaginazione ci aiutano a superare le nostre difficoltà iniziando a trasformare le nostre immagini interiori sopraffacenti o deprimenti alle quali abbiamo giurato fedeltà, o che per fedeltà a qualche ente collettivo, ad esempio quello familiare, abbiamo ereditato e prese per verità assolute, oppure ci vengono in aiuto quando abbiamo bisogno di supporto e ci rivolgiamo alle nostre risorse spirituali. Già in un altro contributo precedente1 abbiamo avuto modo di dimostrare come l’immaginazione non è solo un prodotto della mente e nemmeno qualcosa avulso dalla realtà fisica e oggettiva, ma un potente strumento di percezione tramite il quale comunichiamo con la realtà visibile e invisibile, con il nostro mondo interiore ed esteriore, e interagiamo con essi.
Mettiamo i poteri dell’immaginazione in azione, vediamo come ci possono essere d’aiuto nel navigare nel mare tempestoso della vita, ricordandoci che noi siamo barche che non sono destinate a rimanere attraccate in porto ma “progettate” per andare in mare, e questo comporta talvolta il dover affrontare onde burrascose e correnti contrarie che possono ostacolare il nostro viaggio o anche trascinarci alla deriva. Quando un ostacolo o un blocco si contrappone al nostro cammino cosa facciamo solitamente? Ci arrabbiamo, cerchiamo di evitarlo, di abbatterlo, talvolta lo malediciamo. Ma se è vero che ciò che escludiamo ci possiede, e dunque se è questa la nostra scelta o l’unica soluzione che attuiamo, saremo costretti a rincontrarlo di nuovo. Magari esistono strade alternative per congedarci amorevolmente dal nostro ostacolo, magari dopo che avremo permesso a noi (e a “lui”) di stabilire un dialogo.
Stabilire un dialogo con i blocchi
“Dove c’è la tua paura, li c’è il tuo compito” – C.G.Jung
La pratica dell’immaginazione può essere applicata al felt sense, ovvero alla interocezione del corpo basata sulle sensazioni fisiche o energetiche, cercando di dare una immagine alle nostre sensazioni, sia quelle che percepiamo “negative” che “positive”. Una sensazione di blocco o costrizione, ma anche un effettivo ostacolo che incontriamo nella vita, può manifestarsi nelle sensazioni corporee ad esempio come un nodo, un’ombra o un peso sulla testa o ci sentiamo trattenuti da una corda che ci tira indietro. Il dare una immagine a una sensazione permette di darle un nome, pur facendo leva su un linguaggio metaforico, e di conseguenza consentirci di aprire un dialogo che ci permette di interagire da una posizione di distanza. In quella distanza, in quello spazio che si crea tra noi e il blocco, iniziamo a respirare, iniziamo a vederlo per quello che è. Il nodo alla gola non è più nascosto, non è più ovunque, ma ora lo sento in gola, ne vedo la dimensione, ne percepisco la struttura, mi sembra di corda o forse di ferro? E’ grigio scuro oppure rosso? E’ solido come la roccia o malleabile? Abbiamo già fatto un primo passo per portare quella sensazione sopraffacente da dentro a fuori di noi, seppur la sentiamo ancora ben presente nel corpo. Ma è il primo passo verso la sua trasmutazione. Stiamo portando alla luce qualcosa che prima era nascosto.
Questo primo passo aiuta a ripulire gli spazi interiori da sensazioni “dilaganti” e a ridirezionare l’energia con coraggio e fiducia. La difficoltà è che talvolta siamo ignari di cosa trattengono i nostri blocchi in quando tali immagine negative penetrano in sordina, scivolando al di sotto della nostra percezione ordinaria. Possono essere immagini del tutto inconsce e dunque è opportuno trovare una via per portare queste immagini alla consapevolezza conscia oppure, come alcuni approcci alternativi suggeriscono, parlarle con il linguaggio stesso dell’inconscio2. Possono avere una origine da un trauma, da un sentimento di vergogna, rabbia, colpa, da un incidente, e ci troviamo paralizzati di colpo dalla paura o privati di tutta l’energia. Se non siamo capaci di nominare le nostre sensazioni (nominare è alla base del processo di individuazione) e dare un volto o una immagine a ciò che proviamo, faremo fatica a rielaborare le nostre esperienze e liberare quell’energia intrappolata in quel sintomo o sensazione negativa.
Il percorso è dunque:
a. Cercare di identificare una immagine associato a una esperienza interiore (sento un “nodo alla gola”, ho una sensazione di “peso sulle spalle”, ecc…).
b. Interagire con questa immagine cercando di cambiarla (se negativa) o rinforzarla (se positiva). Notare durante il processo di come l’immagine acquisisce una sua vita propria, l’energia di cui è fatta inizia a cambiare e pertanto l’immagine cambia. Questo è ciò che accade quando l’immagine sta diventando reale, quando i nostri corpi, o forse l’universo, inizia a crederci.
c. Al termine di ogni atto immaginativo, osserviamo i risultati delle nostre sensazioni e dei nostri livelli energetici
Se stiamo lavorando con un blocco o un ostacolo, occorre anche cercare di cambiare il giudizio o spesso il pregiudizio che abbiamo associato a quel blocco identificandolo come un qualcosa del quale ci si deve sbarazzare il più velocemente possibile o anestetizzarlo. Se questo blocco ha prodotto un sintomo, specie se doloroso o invalidante, è normale che la mente cerchi di disfarsene il più rapidamente possibile (con terapie analgesiche, catartiche o chirurgiche), ma così facendo potremmo perderci importanti informazioni, ad esempio, perché mi si è palesato questo blocco ora nella mai vita? Cosa mi vuole dire? Cosa o chi rappresenta? E’ inevitabile che in caso di malattie invalidanti che bloccano la nostra vita o minacciano di morte occorre intervenire il più presto possibile ma forse si potrebbe, se non è troppo tardi, ascoltare meglio i nostri corpi e i bisogni delle nostre anime, intervenendo per tempo si potrebbe trasformare le immagini invalidanti e patologiche che ci portiamo dentro in qualcosa di più salutare e magari salvifico, prima che si manifestino.
La domanda che la nostra mente fa sempre, quando ci troviamo bloccati in qualche situazione o la vita ci presenta un ostacolo, è: Perché questo blocco? Perché proprio a me? Perché ora? Per poter rispondere a queste domande occorre considerare altre possibilità che non siano solo derivanti dalla sfortuna o da qualche “maledizione”, ma magari iniziare a vedere il blocco come un avviso, un messaggio premonitore che, se continuiamo in quella direzione, potremmo andare incontro a seri rischi o andare a sbattere contro un muro. Consideriamo dunque altre possibilità:
- I blocchi che incontriamo possono essere anche insegnanti e maestri venuti per avvisarci o portare alla luce qualcosa di importante per noi.
- Un blocco può costringerci a vedere che stiamo andando nella direzione sbagliata e dobbiamo cambiarla.
- Un blocco può incoraggiarci a sviluppare nuovi talenti e facoltà.
- Un blocco può darci il messaggio che è ora di cambiare ritmo, che dobbiamo rallentare.
- Un blocco può essere un test che le nostre guide o il nostro sé superiore ci stanno facendo per vedere se siamo pronti per andare oltre, per superarlo. Nelle grandi favole fantasy, il tesoro è sempre custodito da un drago. Occorre sconfiggere il drago per accedere a quel tesoro.
- Un blocco può portarci a una deviazione che ci conduce a un posto migliore.
- Un blocco può essere parte di una correzione in corsa per farci ritornare ad essere più aderenti e allineati con la nostra direzione evolutiva.
- Un blocco può essere una prova di fiducia per aiutarci a sviluppare quell’energia necessaria per raggiungere obiettivi più grandi
Non potremo sapere la natura di un blocco se non apriamo una finestra di dialogo con “lui” (o “lei”), qualsiasi cosa o chiunque stia rappresentando. Potremmo scoprire allora, al di là della sofferenza o insofferenza che ci sta cosa in realtà ci vuole comunicare.
Una delle chiavi di lettura che può rispondere alla domanda: “Perché ora (questo blocco o ostacolo)?”, è osservare la sincronicità, ovvero cosa sto pensando, facendo sognando in questo momento? Dov’ero quando si è palesato quel blocco? Dove stavo andando? Cosa stavo “muovendo” (esteriormente e interiormente)? Quale musica stava risuonando nella mia mente in quel momento?
Alcuni esempi significativi, il primo tratto da chi la “sincronicità” la conosceva bene, il grande fisico Pauli e lo psicologo C.G. Jung, una brillante unione tra psiche e materia. Dai loro incontri e dal carteggio che ci è rimasto, si evince che quando si incontrano menti fertili e aperte al dialogo verso visioni lontane e apparentemente divergenti, emergono sempre grandi insegnamenti. All’apertura di un prestigioso istituto, il C.G Jung Institute di Zurigo, gli organizzatori rimasero allibiti quanto un grande vaso cinese cadde da un tavolo proprio nel momento in cui arrivò Pauli (noto per ciò che venne poi chiamato “effetto Pauli”, la carica magnetica di Pauli o la sua forza psichica metteva in moto macchinari o provocava fenomeni spesso distruttivi su ciò che lo circondava, al punto che i suoi colleghi fisici alla fine evitavano di inviarlo nei loro laboratori per il timore di doversi poi ricomprare tutta la strumentazione). Il vaso si ruppe in mille frammenti, causando la fuoriuscita di acqua sul pavimento che costrinse la gente ad allontanarsi. Tempo dopo, lavorando con la risonanza simbolica di questo evento, Pauli notò diverse possibili connessioni: le ricerche sul testo cinese dell’I Ching che aveva condiviso con Jung, l’associazione in sogno tra un fiume di acqua e uno scoppio emozionale che stava vivendo, l’omofonia tra “flood” e “Fludd”, il nome di un alchimista che Pauli stava studiando. Lavorare con le assonanze o anagrammando i messaggi dei sogni o della sincronicità può rivelare profonde connessioni e far emergere significati nascosti.
Le “coincidenze significative” aumentano quando siamo in movimento
“Più grosso è il pericolo, maggiore è il potere che ne ricaviamo”, Hölderlin
Acuti di eventi significativi e sincronici si hanno soprattutto quando siamo in movimento, non solo in senso fisico, come in un viaggio, ad esempio, ma anche interiormente. Possono essere momenti in cui la nostra anima, le nostre passioni o emozioni sono in movimento, quando ci innamoriamo, quando stiamo imbarcandoci in un nuovo lavoro o progetto, o quando siamo vicini alla nascita o alla morte. Sequenze di coincidenze significative, che possono presentarsi davanti con un blocco o un ostacolo, possono rappresentare un test sul percorso che stiamo seguendo, oppure aprirci a nuovi sentieri o alternative che prima non vedevamo.
Amore e pericolo sono grandi “trigger” per la coincidenza. “Più grosso è il pericolo, maggiore è il potere che ne ricaviamo”, scrisse il poeta Holderlin. D’altro canto, sincronicità ed eventi negativi o controcorrente tendono a moltiplicarsi quando resistiamo al cambiamento o insistiamo a seguire l’agenda dell’ego. Il modo più semplice per testare voi stessi è fissare un appuntamento con la coincidenza, significa prestare particolare attenzione quando siete in transito, quando viaggiate, prestare attenzione a ciò che accade sul treno, sul bus, in auto o semplicemente quando andiamo a fare la spesa. Ho trovato che il mercato è uno spazio molto fertile per l’emergere di segnali e coincidenze significative relative a ciò che state vivendo o cercando o indagando. Per questo mi piace andare al mercato. I greci antichi lo sapevano. Quando in passato insegnavo le vite e gli esercizi spirituali degli antichi filosofi greci scoprii che molti di questi iniziati (da Proclo a Pitagora) amavano accompagnare i loro studenti al mercato per ricevere messaggi dagli dèi. A Pharai, nel Peloponneso, c’è un oracolo popolare che era semplicemente collocato in un mercato coperto. Al centro del mercato c’era una statua molto semplice di Hermes, il messaggero tra gli dèi e l’uomo. La consulta dell’oracolo era molto semplice. Entravano al mercato attraverso la porta in un muro periferico, varcata la soglia ponevano la loro domanda al dio, poi camminavano sino alla statua del dio e gli bisbigliavano la domanda all’orecchio. Poi tappavano le loro orecchie con le mani, per non sentire voci o rumori nel mercato, tornavano indietro verso la porta di ingresso, e nell’esatto momento in cui raggiungevano la porta aprivano le orecchie e il primo suono che sentivano, voce, un uccello, il rumore di un mezzo di trasporto o altro era la risposta cercata alla domanda. Il dio rispondeva, e ci risponde ancor oggi, attraverso i rumori della vita quotidiana, una volta che noi stabiliamo una intenzione forte e chiara e ci predisponiamo a ricevere il messaggio.
Seguire i ritmi della vita
“La natura è un tempio dove colonne vive / mormorano a tratti parole indistinte. / L'uomo passa tra foreste di simboli / che l'osservano con sguardi familiari” - Baudelaire
Seguire i ritmi della vita significa cercare di restare sincronizzati nel cogliere i segni di ciò che ci accade dentro e fuori di noi. Come ricorda Baudelaire, ci serve stare in uno stato di “poetica salute”. Ho sognato una notte uno squalo, lo vidi con la sua pinna nera. Di solito gli squali mi appaiono in sogno quando qualcuno, magari di conosciuto, sta lottando con il cancro o il sogno mi avvisa di un tema del genere (ho scoperto che lo squalo è l’unico animale a non conoscere il tumore, e forse per questo interviene spesso per la guarigione dei malati di cancro). Fu un sogno premonitore, dopo pochi giorni mi arriva la notizia che a una nostra socia praticante di sciamanesimo avevano diagnosticato un tumore al cervello. Ci chiese aiuto e nel viaggio sciamanico lo squalo mi mostrò una canoa dove questa ragazza poteva salire per portarsi in salvo, ma non si trattava di salvezza del corpo, ma dell’anima. Orami era troppo tardi. Il tema del viaggio in mare è una metafora universalmente conosciuta, nei sogni come nelle visioni, dell’ultimo viaggio, il viaggio dell’anima nell’aldilà. Onorai quel sogno organizzando una canoa degli spiriti per preparare la sua anima nel viaggio oltre la morte fisica. Morì dopo poche settimane.
Ogni cosa che entra nel nostro campo percettivo significa qualcosa, grande o piccolo che sia, e la nostra immaginazione è lo strumento per percepirlo. Ogni cosa ci parla se noi spegniamo il nostro dialogo interno e iniziamo a sentire una musica differente. Ogni cosa corrisponde. Viaggiamo meglio nella foresta di simboli quando siamo aperti e disponibili a tutte le forme di significato che ci stanno guardando e che ci aspettano. Il noto maestro dei sogni dell’antica Grecia, Artemidoro di Daldi3, disse che il maggiore requisito per una interpretazione dei sogni corretta è “avere il dono delle somiglianze”. Questa è la chiave per la lettura dei simboli che ci guidano lungo i cammini della nostra vita, e questo dono cresce con la pratica. Ma il vero dono di un simbolo è portarci al di là di ciò che sappiamo verso ciò che non conosciamo ancora (o ricordiamo), e per questa ragione il significato e la valenza dei simboli è spesso oscura alle nostre piccole menti di ogni giorno. Attraverso la pratica possiamo arrivare a una maggiore comprensione, e ci sono due forme di pratica che suggerisco:
a) Osservare gli accadimenti della vita quotidiana come se fossero simboli onirici
b) Sviluppare un proprio set di marcatori che potete usare come segnali stradali dopo che li avete testati.
Ora vediamoli un attimo entrambi.
Dobbiamo prendere i sogni più letteralmente e gli eventi quotidiani della vita di veglia più simbolicamente. Se noi sogniamo una casa o una macchina, un analista dei sogni vi incoraggerà a pensare a questi oggetti come oggetti simbolici. Se avete un problema col forno o il fuoco, potrebbero suggerirvi di fare un check up al cuore. Ad esempio, un uomo ebbe per tre volte in una settimana forata una gomma dell’auto mentre come era solito fare tutti i giorni correva in auto per arrivare al lavoro in orario. Alla terza foratura, si svegliò e comprese che qualcosa o qualcuno lo stava avvertendo di essere entrato in uno stato di eccessivo sforzo e fatica al lavoro. L’uomo era americano, fece una analogia tra tire (prenumatico) e tired (stanco), la stessa analogia le possiamo fare anche noi quando cerchiamo una risposta da un evento ripetitivo, sia in sogno che nella vita di veglia. Quell’uomo decise di rallentare il ritmo di lavoro, si sottopose anche a un check cardiaco e diagnosticarono un affaticamento nel respiro (cosa che collegò di nuovo con la perdita di respiro/aria negli pneumatici).
Navigando nella foresta di simboli, inizieremo a notare che alcuni segnali si ripetono, inizieremo a familiarizzare che, quando ci appaiono quei segnali, allora vogliono dirci qualcosa di specifico. Questi segnali possono indicarci che sarà un grande giorno, che stiamo andando nella giusta direzione o che qualcosa di favoloso sta per accadere. Oppure possono avvisarci che stiamo per affrontare un pericolo e che la cosa migliore è tornare a letto o cambiare strada. C’è un popolo delle foreste nello Zaire per il quale viaggiare è davvero qualcosa di pericoloso. Ci sono predatori nella giungla – popoli nemici oltre che animali – ma anche dirupi, fiumi e ponti su corde ormai rotte o marce. Queste persone sono costantemente allenate ad osservare i segnali sia dentro di sé che al di fuori e trovare al volo significati attraverso la risonanza e le corrispondenze. Essi prestano attenzione anche a segni involontari che accadono nel corpo. Ad esempio, se picchiano o feriscono un dito del piede, a seconda che sia del piede destro o sinistro, significa che qualcosa di fortunato o al contrario di sfortunato sta per accadere. Se starnutiscono, se l’aria fuoriesce maggiormente dalla narice destra ha un significato, se sinistra un altro.
Come l’hanno imparato? Sviluppando un proprio codice di segnali e simboli che nella risonanza corporea con i segnali dell’universo o degli spiriti vanno a dare informazioni precise su quale strada prendere o non prendere quando escono nella foresta in cerca di cibo. Ciascuno di noi con la pratica può sviluppare un proprio “codice” di segnali e simboli ricorrenti, ma dobbiamo picchiare più volte il dito del piede per capirlo, e vedere cosa succede durante il giorno o durante il viaggio per averne conferma. Quando comprendiamo che il mondo è un libro di simboli possiamo afferrare che ogni momento è una opportunità di apprendimento, in ogni situazione. Non fissatevi solo determinati momenti per l’apprendimento, spesso impariamo più cose con ciò che accade al di fuori dalle nostre agende personali.
Ogni battuta d’arresto ci offre una opportunità
“Ciò che non mi ammazza mi rende più forte” – Friedrich Nietzsche
Se possiamo evitare di spendere troppo tempo nel dispiacersi per sé stessi o arrabbiarci verso qualcosa che è andato storto, abbiamo la possibilità di trovare una opportunità in ogni battuta di arresto. Naturalmente può essere difficile pensarlo o vederlo quando perdiamo qualche persona a noi cara, perdiamo il lavoro oppure soffriamo di qualche terribile malattia. Ma è proprio nei momenti più bui della nostra vita che occorre ricordarsi il detto di Nietzsche: “Ciò che non mi ammazza mi rende più forte”4.
Quando mi ripeto questa frase senza sentirmi deluso o retrocedere, sento che qualcosa di più grande di me si sta muovendo, pronto a farmi girare la testa dalla direzione di altre storie fallimentari vissute in passato o di delusione, verso un nuovo orizzonte. Sono i nostri spiriti guida, i nostri maestri invisibili, i nostri “daimon” (in senso socratico) interiori che ci suggeriscono cosa è meglio fare o non fare, alcuni di questi fanno da “guardiani della soglia”. La loro funzione è anche quella di aprirci portali e cammini in nuove direzioni quando le vecchie hanno smesso di funzionare o non hanno più ragione di esistere. Quando entriamo in profonda relazione con le nostre guide spirituali e ci arrendiamo al loro insegnamento mollando la presa dal dolore, dalla sconfitta, dalla sfiducia, dal voler a tutti i costi continuare in quella direzione “costi quel che costi”, ecco che può essere più facile trovare le giuste aperture, specialmente in quelle strade che sembrano senza uscita o dove il percorrerle procura solo maggior dolore o frustrazione. Talvolta ce le mostrano in maniera gentile, talvolta abbiamo bisogno di una scossa per uscire dal torpore di giorni, mesi o anni di lutto, depressione o senso di sconfitta.
Ho avuto talvolta la sensazione che gli stessi ostacoli, difficoltà o blocchi sono stati messi davanti a me proprio dalle mie guide, scoprendo che alcuni di questi mi hanno permesso di incorrere in errori maggiori, di evitare che un percorso deprimente potesse sfociare in qualcosa di sintomatico o maggiormente invalidante, oppure come prove per mostrare a me stesso di essere in grado di superare quegli ostacoli e reclamare un potere che mi attendeva oltre la siepe, oppure talvolta come prova per vedere se ero in grado in primis di superarli per me stesso per poter aiutare gli altri a superare i medesimi ostacoli. Certo, per abbandonare la conosciuta seppur invalidante (e per molti versi comoda) via vecchia per la sconosciuta e ignota via nuova occorre avere una certa curiosità, un senso di sfida e avventura ma, soprattutto, allenarsi a mollare la presa..
Per ritrovare la via delle volte dobbiamo perderci: la serendipità, ovvero cogliere l’attimo!
“La fortuna favorisce le menti preparate” – Louis Pasteur
Un esempio dalla storia. Appiano di Alessandria era un famoso storico all’apogeo dell’Impero romano, scrisse in greco, anche se era cittadino romano. Quando una violenta ribellione irruppe al tempo di Traiano, in Egitto, Appiano fu uno di coloro che erano ricercati dai ribelli, dei giudei che credevano che un nuovo messia fosse arrivato. Scappò attraverso le paludi del Nilo guidato da una guida araba, prese una nave che lo stava aspettando sulla riva del fiume. Avevano organizzato la sua fuga per portarlo in salvo nel porto di Pelusio. Appiano e la sua guida scapparono tutta la notte attraverso le paludi senza trovare via d’uscita. All’alba, un corvo gracchiò e la guida disse “Siamo persi”, poi gracchiò una seconda volta, e la guida disse “Siamo proprio completamente persi”. Appiano ormai sentiva che la sua vita era a rischio e che i suoi inseguitori presto lo avrebbero raggiunto. Il corvo gracchiò una terza volta, e stavolta la guida araba fu colmo di gioia “Ah ok, ma è stato bene che ci siamo persi perché il corvo ci sta mostrando una via d’uscita proprio qui”. Appiano fu fortunato ad avere una guida che parlava il linguaggio dei corvi (in molte tradizioni i corvi hanno il ruolo di messaggeri), e, come detto prima, ciascuno di noi può avere dei corvi che indicano il cammino. La guida araba condusse Appiano nel nuovo sentiero che lo portò in salvo. Non arrivarono al posto atteso, alla barca che lo stava aspettando, ma trovò una galea e chiese al capitano per dove stesse salpando. Il capitano disse: Per Pelusio! Ovviamente Appiano saltò sulla nave che lo portò in salvo a Pelusio. La barca che Appiano voleva raggiungere fu poi presa dai ribelli e distrutta.
Da questo racconto raccogliamo un messaggio da ricordare: talvolta dobbiamo perderci per trovare la giusta via. Questo racconto ci parla anche della Serendipità, un termine divenuto famoso dalla storia dei Principi persiani di Serendippo, e divenuta sinonimo di quando cerchiamo qualcosa, una risposta a un problema, e ci appaiono cose che non stavamo cercando ma che possono fare la nostra fortuna. Una definizione popolare di serendipità è quella di quel tizio che nel cercare l’ago nel pagliaio trova invece la figlia del contadino! Come nella storia di Appiano, la serendipità è stata la fortuna di molti inventori e scienziati.
Alfred Nobel scopri la gelignite, un esplosivo più stabile della dinamite che aveva inventato, mescolando accidentalmente fulmicotone con nitroglicerina.
Il chimico svizzero Hoffmann, colui che per primo sintetizzò LSD, lo fece ingerendolo accidentalmente nel suo laboratorio.
Alexander Fleming scoprì la penicillina dimenticandosi di isolare colture di batteri da spore vaganti nel suo ospedale che caddero nel laboratorio al piano sottostante. Al ritorno dalla vacanza trovò che la muffa di penicillina aveva ucciso i suoi batteri.
Charles Goodyear apprese come vulcanizzare la gomma, rivoluzionando i trasporti, dopo che accidentalmente aveva lasciato una mistura su un piatto caldo che l’aveva trasformata in una gomma dura.
I Post-It anch’essi furono scoperti accidentalmente da uno scienziato che cercava una colla molto potente e invece ne scoprì una molto debole che trovò poi l’applicazione che sappiamo.
Il Viagra venne originariamente testato come medicina per aiutare persone sofferenti di angina e ipertensione. Studi clinici successivi scoprirono che non faceva molto per l’angina ma che aveva effetti collaterali su altri parti del corpo maschile.
Molte altre scoperte e invenzioni sono nate dalla serendipità e tutte ci insegnano però una cosa: tutte queste persone furono comunque attente a cogliere l’opportunità che si stava presentando davanti ai loro occhi, non restarono sul piano originario, non cercarono ostinatamente di seguire il loro programmino, non si arresero davanti al loro ostacolo, ma aprirono la mente affinché questi eventi accidentali, i loro “blocchi” potessero rivelare altro. Come disse Pasteur: “La fortuna favorisce le menti preparate”. Potremmo anche aggiungere, che gli inventori e i creatori attraggono questo tipo di accidenti. I creativi sono sempre aperti a nuove cose, avventure, lasciano aperto uno spazio affinché nuove storie possano raggiungerli. Il blocco diventa per loro il segnale che è in atto una gestazione, che qualcosa di nuovo o di diverso sta per palesarsi. Un’altra chiave di lettura per comprendere la famosa frase di Eraclito “la guerra è madre di tutte le cose”5.
In quei momenti usciamo dalle nostre agende, usciamo dal tempo di Kronos e irrompe Kairos, il tempo mitico, il tempo qualitativo, i momenti significativi, quando l’universo la mette sul personale. E quei momenti di illuminazione interiore, di consapevolezza profonda di essere parte di un tutto che ci parla costantemente e vuole comunicare con noi, vanno presi al volo. Non è più tempo di rimuginare sulle occasioni perdute o sul latte versato, è il tempo delle decisioni. Non a caso Kairos è rappresentato come un giovane alato con un ciuffo di capelli sulla fronte e della calvizie dietro la testa, è l’attimo fuggente, una volta trascorso e fuggito via, nessuno può afferrare Kairós ‘prendendolo per i capelli’ da dietro; il suo corpo è nudo, per ribadire il rischio estremo dell’incontro con questo corridore alato, in quanto un corpo nudo sfugge più facilmente alla presa; impugna nella sinistra un rasoio a forma di mezzaluna, su cui poggia una bilancia a due piatti inclinata dalla mano destra che tiene il piattello più basso, come a suggerire che il momento propizio è sottile e tagliente come una lama di rasoio, attimo dell’autodeterminazione sottratto a Tyche (la personificazione della sorte, generalmente intesa in senso positivo), in cui si pesa tra due sorti e si decide su quale piatto gravare.
La passione dell’anima opera magicamente: cogliere l’attimo
“Se lo hai afferrato, stringilo forte; una volta che è scappato, neppure Zeus potrebbe riportarlo indietro” – Fedro, Fav, V8.
Più forte è una emozione che viviamo e maggiore sono i suoi effetti sull’ambiente che ci circonda, sia psichico che fisico. E gli effetti possono andare oltre ciò che immaginiamo, possono convergere in incidenti ed energie, buone o cattive, in un modo che cambia tutto nelle nostre vite e in quelle di altri. Gli esperimenti di Masuru Emoto sulla memoria dell’acqua, quelli di Findhorn sulla crescita delle piante e molti altri “esperimenti” hanno dimostrato che tutto attorno a noi è vivo e risponde omeopaticamente. Se indulgiamo nella sconfitta, nel dolore o restiamo paralizzati davanti a un blocco, tutto quanto risuona con quella energia risponde e viene attratta nel nostro campo psichico ed energetico. Rabbia, risentimento, lutto, possono produrre energie disturbanti, non solo per noi stessi, ma anche alle persone e ambienti che ci circondano. Anche le passioni, talvolta, possono portarci alla pazzia o farci vivere la nostra più grande storia e fare la magia. La passione dell’anima lavora magicamente, parafrasando il grande studioso domenicano Alberto Magno.
Ci sono due condizioni da rispettare su questa via:
1. La prima è che dobbiamo scegliere l’energia primaria, pulsante delle nostre passioni più forti e direzionarla verso un obiettivo creativo. Può venire dall’amore, dal forte desiderio di far nascere una creatura, dal disperato desiderio di terminare una relazione. La passione può nascere anche da rabbia selvaggia o una terribile tristezza. Qualsiasi sia la sua origine, la più forte passione dell’anima produce l’energia per rifare il mondo, o modellare il mondo, se scegliamo di direzionare questa energia. Sta a noi imbrigliare questa energia per illuminare un intero paese oppure decidere di inondare tutti e tutto portando miseria e devastazione.
2. Il secondo requisito per far si che la passione dell’anima sia una forza magica creativa è che dobbiamo saper cogliere il momento in cui queste energie si dispiegano con più forza e darci completamente all’azione, agire quel potere in quel momento. Il tempo è sempre ORA, ma quando le passioni dell’anima sono al lavoro è ora di ANDARE. E’ il momento di Kairos, di cogliere l’attimo, perché come suggerì Gaio Giulio Fedro: “Se lo hai afferrato, stringilo forte; una volta che è scappato, neppure Zeus potrebbe riportarlo indietro …”6.
Il tempo è ORA. Carpe Diem!
Note
- Luciano Silva, “L’immaginazione come strumento di percezione”, articolo pubblicato sul presente sito.
- Vedi l’approccio della psicologia del profondo, ad esempio James Hillman in “Il sogno e il mondo infero”, Adelphi, 2003
- Artemidoro, “Il libro dei sogni”, Adelphi, 1993
- Friedrich Nietzsche, “Crepuscoli degli idoli – ovvero come si filosofa con il martello”, Adelphi, 1994
- Eraclito, frammento 53
- Gaio Giulio Fedro, Fav, V8.
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