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Articoli e interviste su sciamanesimo e tensegrità Articoli e interviste su sciamanesimo e tensegrità

L'immaginazione come strumento di percezione - di Luciano Silva

Fortis imaginatio generat casum

15/04/2025

“L’immaginazione nell’uomo è una stella..”

Rulandus, Lexicon alchemiae

 

"Non farci caso, è solo la tua immaginazione". "Dimentica tutto, è solo un sogno!" 

Quante volte ci siamo sentiti rispondere in questo modo, soprattutto da piccoli, quanto la nostra immaginazione creativa percepiva il mondo dentro e fuori di noi prima che l'assimilazione cognitiva ne deformasse le sue libere e spontanee rappresentazioni.

Secondo l’opinione corrente, l’immaginazione è la facoltà della mente e dell’anima di pensare e agire attraverso le immagini che sono “fatti della mente”, ovvero pensiamo che l’immaginazione sia solo uno strumento che usa la mente per rappresentare una esperienza vissuta interiormente, come una sensazione o nella rievocazione di un ricordo. In questo processo, specie se ci abbandoniamo a immaginare qualcosa che non conosciamo del tutto o del quale non abbiamo mai fatto esperienza, ad esempio una camminata su Marte, ecco che l’immaginazione viene ridimensionata e ridotta a semplice fantasia, a una esperienza individuale prodotta dalla mente che proietta desideri, speranze o al contrario frustrazioni o timori sull’oggetto immaginato. Si pensa che l’immaginazione possa solo attingere a ciò che è conosciuto, dunque eventi o esperienze passate, ripresentando alla mente scenari quasi mai fedeli all’originale in quanto attualizzati dallo stato d’animo presente, noi non ricordiamo le cose come sono state ma per come siamo in quel momento. Ecco che la camminata su Marte, seguendo questo paradigma, non facendo parte di una esperienza fisicamente vissuta, non ha alcun impatto su ciò che definiamo “realtà” misconoscendo l’effetto che una forte immaginazione creativa può avere sulla realtà stessa. 

Quando noi abbandoniamo o releghiamo la nostra immaginazione classificandola come “non reale” di fatto stiamo boicottando la nostra parte creativa, stiamo uccidendo di fame il nostro sognatore interno privandolo del suo cibo più fondamentale, stiamo esiliando quella parte di noi stessi che conosce cose in modo straordinario e che ha il potere della re-visione e di ri-creare il mondo. Anche Coleridge, come Blake o nel passato i Platonici, pensava a una forma d’immaginazione primaria, non basata su una mera funzione rispecchiante il mondo esterno, ma sul potere creativo e visionario della vita stessa. Una visione simile ci viene dal platonismo zoroastriano di Suhrawardi con la visione di un Mundus Imaginalis (‘âlam al-mithâl), lo spazio attraverso il quale si accede alla Terra celeste di Hûrqalyâ, come ci hanno trasmesso i pregevoli studi di Henry Corbin sul sufismo iraniano.1

 Ma mentre gli yogi e il pensiero buddhista tendono a bandire tutte le immagini della realtà come illusorie per cercare la verità ultima che si cela dietro di esse, lo sciamano trova la verità proprio in quelle illusioni e immagini sapendo essere lo specchio della realtà invisibile che, tramite lui, si veicolano nel mondo fisico. Per gli antichi greci i sogni, così come le trasmissioni psichiche ed energetiche o le immagini stesse degli dèi, arrivano a noi attraverso conglomerati di campi di energia  (eidolon, “forma o figura”) che potevano essere percepite tramite il potete immaginale (la parola greca eidos è alla radice di idea, un pensiero per mezzo del quale si vede). L’immaginazione mitica, tramite la quale accediamo allo spazio/tempo mitico al di là del tempo cronologico, è la facoltà usata da sempre dagli sciamani e dai visionari per accedere a ciò che è avvenuto ab origine, nel momento primordiale della creazione, per riconnettersi ai miti personali e collettivi, e i miti sono espressione dell’anima e mantengono le loro tracce nei nostri corpi2.

L’immaginazione è il modo in cui i nostri spiriti ci parlano e con noi creano il mondo, l’immaginazione è una forma di percezione, come sanno bene i sognatori, e tramite l’immaginazione entriamo in contatto con l’invisibile. E’ stato dimostrato nell’evoluzione delle facoltà mentali dell’uomo che l’immaginazione e la percezione sono una sola facoltà. Se si prova a separare le due cose, ad esempio isolando un uomo in un locale per la privazione sensoriale, dopo un po' inizierebbe ad avere allucinazioni (sensazioni indipendenti dalla realtà esterna) e deliri (cioè, sistemi di idee indipendenti dalla realtà esterna). L’immaginazione ci permette sia di ricreare interiormente una esperienza, e il cervello la percepisce come se fosse “reale” e attuale, ad esempio gli odori o i sapori di una vacanza al mare, ma anche di percepire cose mai viste o sentite nella realtà ordinaria, ovvero percepite nella realtà “invisibile” che scorre al di là dei nostri agli occhi ordinari (dal viaggio su Marte all’incontro con una divinità). E’ tramite l’immaginazione che gli spiriti o gli esseri invisibili comunicano a noi, nelle visioni ad occhi aperti, negli stati sciamanici di coscienza, nei sogni, nei segni letti negli avvenimenti sincronici.

Se immaginiamo di essere bloccati in una tangenziale di una grande metropoli in mezzo al traffico e alla nebbia, e ascoltassimo il nostro corpo in questo esercizio immaginale, sentiremmo che il respiro si fa corto e affannoso, probabilmente la pressione sanguigna si alzerebbe (se avessimo un misuratore attaccato al corpo lo rivelerebbe), si alzerebbe il livello di cortisolo nel sangue, il nostro sistema nervoso attuerebbe dei segnali di fuga attraverso le nostre gambe, vorremmo scappare o evadere da quella trappola. Al contrario, se immaginassimo di essere sdraiati sulla nostra spiaggia preferita. Le immagini agiscono fisicamente e immediatamente sul corpo e sulla mente. Non fa differenza se l’immagine della spiaggia assolata ci arriva in sogno, in una visione a occhi aperti o chiusi, in stati di coscienza intermedi (immagini ipnagogiche, stati di rêverie, meditazione profonda) o in stati sciamanici di coscienza, l’effetto psicosomatico sul corpo sarebbe lo stesso. Se imparassimo ad ascoltare il nostro corpo in realtà percepiremmo molto di più di quanto le nostre menti siano capaci di fare. Stanley Keleman, un operatore bioenergetico che per anni ha condotto seminari assieme a Campbell, evocava le immagini dei campi energetici del corpo di una persona mentre Campbell le amplificava mitologicamente.3  

La domanda che spesso si fanno coloro i quali approcciano per la prima volta l’esperienza sciamanica è se quando percepiscono una forma energetica, uno spirito, l’anima di un defunto, una spiaggia assolata, se lo “sono immaginato” oppure no, sottintendendo che se fosse immaginato “non sarebbe reale”, ovvero non faccia parte di ciò che la coscienza collettiva definisce realtà (consensualmente ciò che cade sotto i nostri sensi ordinari scientificamente misurabile o replicabile) e dunque non meritevole di fiducia o attenzione. Questa vera e propria installazione estranea, prodotto dalla visione materialista del mondo moderno, porta con sé due errori di fondo: il primo è la svalutazione dell’immaginazione come pura fantasia e dunque del tutto avulsa dalla realtà fisica; la seconda è il pensare che l’immaginazione sia un prodotto della mente. L’immaginazione è una forza, una sorgente creativa che opera sul corpo fisico, energetico, sulla mente così come sull’anima. Ogni cosa che esiste nel mondo materiale è stata prima sognata o immaginata da qualcosa o qualcuno. I sogni sono lo specchio dell’anima e ciò che l’anima riflette in questo specchio parla con un linguaggio immaginale.

Ogni creazione, anche i vestiti che portiamo addosso, si basa su questo principio: riceviamo una immagine dalle nostre sorgenti spirituali, dal nostro sé superiore, dal corpo, dall’anima, o ispirati da una esperienza interiore o da una suggestione (lo stilista sogna o riceve l’immagine di un abito) e la usiamo come contenitore di energia. Riempiendo questo contenitore di energia (che vuol dire che iniziamo a costruire qualcosa con questa immagine attraverso l’azione, lo stilista fa un disegno per riprodurre quella immagine) iniziamo a materializzare quell’immagine con ciò che richiama o rappresenta. E’ come se l’immagine, riempita di una energia solida e concreta (il nostro intento, la nostra azione, la nostra energia) si trovi a un certo punto costretta a precipitare dal mondo invisibile, si trasferisce da ciò che è in potenza nel mondo manifesto, ovvero in ciò che è in atto, rendendosi perciò visibile nel mondo fenomenico, lo stilista passa il disegno del nostro abito in produzione, la forma viene riempita di tessuto e confezionata.  Su questo principio so basano anche gli apporti che si ritrovano come “doni” o lasciti al termine di intense esperienze spirituali, condensazioni di energia psichica che hanno riempito forme pensiero, immagini simboliche o emozioni, proiettate dall’operatore o create da una eggregore.

Attraverso il potere dell’immaginazione l’oggetto percepito inizia ad assumere una sua più ampia e autonoma vita, dalla sua forma o dalla sensazione che provoca, per associazione o similitudine, possiamo identificarlo dandogli un nome o riconoscerlo come portatore di significato. Ad una ragazza che mi chiedeva come potesse proteggersi dalle intrusioni nei sogni (aveva spesso in quel periodo sogni intrusivi) le chiesi se dovesse immaginare un protettore competente che immagine le veniva. Mi disse un guerriero romano. Bene, le dissi, vai in un negozio di giocattoli e compra un soldatino romano e poi mettilo sul comodino. La sera, prima di addormentarti, chiedi al soldato romano di proteggerti nei sogni e allontanare ciò che ti fastidia. La ragazza smise di ricevere sogni intrusivi. Cosa ha fatto? Ha riempito una immagine con l’intento di proteggersi, ha materializzato la sua immagine interiore di un protettore attraverso il soldatino. Sono convinto che così facendo ha attirato anche energie transpersonali da reami al di là del mondo fisico che sono venute in suo soccorso e che hanno trovato posto nel contenitore che ha fornito loro per ospitarle.

Non c’è nulla di immaginario (nel senso di non reale) di una immagine che arriva e prende vita nella nostra mente. E, come detto in precedenza, le immagini agiscono sul corpo. Il regno delle immagini è un mondo reale, è uno stato di coscienza creativo. E’ la regione della mente dove il significato prende forma e dove gli oggetti assumono un significato. Tutti i poeti e artisti, creativi, inventori o scienziati sanno che il reame dell’immaginazione è il terreno indispensabile per la conoscenza.

Onorare la nostra immaginazione è, soprattutto in quest’epoca, la cosa più importante e urgente da fare perché, come disse l’imperatore filosofo Marco Aurelio, “La vita di un uomo è tinta dai colori della sua immaginazione”, senza di essa ci troveremmo a vivere e ripetere le stesse esperienze nel mentre l’anima, non più ascoltata e nutrita da questo alimento primario, se ne va da qualche parte.

Noi viviamo di immagini, esse in realtà, controllano ogni cosa che pensiamo e facciamo, da quando laviamo i denti a quando facciamo l’amore, al parlare o non parlare in una riunione al lavoro, al progettare un viaggio. Le immagini generano e costruiscono la nostra esperienza di realtà.

La più grande crisi delle nostre vite è la crisi dell’immaginazione. Siamo bloccati dal paradigma della coscienza collettiva fatta di regole sociali, religiose, da testi e sogni scritti da altri, ai quali aderiamo facendoli nostri. E così viviamo in un set preciso di immagini spesso negative e limitanti confinate in uno spazio chiuso che chiamiamo realtà. Facciamo questo perché ci lasciamo prendere da una particolare storia del nostro passato o ci troviamo rinchiusi in una allucinazione collettiva. Ci hanno educato ripetendoci, quando da piccoli facevamo grandi sogni o incubi (che sono forme di grandi sogni che segnalano un qualcosa che necessita di essere visto e trasformato), che ciò che immaginavamo era solo fantasia, non era reale, e così il nostro sognatore interiore, la nostra capacità immaginativa di percepire la realtà invisibile si è gradualmente spenta. Esiste un analogo fenomeno chiamato “occhio cieco”, a furia di escludere qualcosa dalla nostra vista in quanto impossibile o definito “irreale” alla fine finiamo per non vederlo. Per alcuni indigeni del centro America era impossibile che delle navi potessero galleggiare sull’acqua, forse per questo non videro l’arrivo degli spagnoli, con le nefaste conseguenze che conosciamo.

Quando eravamo piccoli avevamo accesa spontaneamente la nostra immaginazione creativa. Ciò che possiamo fare, da adulti, è reclamare dal passato la saggezza della nostra mente infantile. La pratica dell’immaginazione comincia facendo spazio nelle nostre vite per il bambino che sa che va tutto bene ed è naturale “inventarsi le cose” e sa anche che questo è molto divertente!

Mark Twain disse “Nessun bambino dovrebbe essere cresciuto senza esercitare la sua immaginazione. Essa arricchisce la sua vita, rende le cose belle e meravigliose”. L’immaginazione ci permette anche di sentire l’altro, di sviluppare la nostra sintonizzazione emotiva con gli altri. Per essere cittadini del mondo, citando ancora Marco Aurelio, dobbiamo coltivare l’immaginazione simpatetica, quella che ci permette di comprendere i sentimenti e le motivazioni di persone differenti rispetto a noi. L’abilità di immaginare sé stessi al posto di un'altra persona è vitale per la salute delle nostre relazioni e per il benessere sociale. Un sociopatico non riesce ad avere questa abilità.

Costruite la vostra casa nel vostro spazio immaginale, aprite portali e portoni nell’immaginazione e infondete loro energia, vi troverete in uno spazio di rinascita continua e di creazione continua, quello stato che Mozart evocò quando disse “Posso vedere il tutto nella mia mente con un singolo sguardo… Tutte le invenzioni e ciò che devo fare arriva a me in un bellissimo grande sogno”.

Nel viaggio degli sciamani nel mondo dello spirito, l’immagine interiore che si crea di uno spirito o di una forma d’energia non è frutto della loro fantasia e nemmeno della loro volontà, per quanto ci possa essere comunque un agire intenzionale nell’entrare nella realtà non ordinaria o nel favorire l’apertura delle porte alla percezione, ma è il travestimento tramite il quale quella forza, quell’energia, quell’entità che viene invocata o richiamata dall’ìntento, per una guarigione o una divinazione, si rende intelligibile agli occhi dello sciamano. Il potere, la forza di un rinoceronte apparirà in veste di rinoceronte, la visione chiara nel buio delle cose sarà incorporato da una civetta, che a sua volta può essere la manifestazione teriomorfica di Minerva, se la vedessi con gli occhi di un antico romano pagano, la medicina di Asclepio appare spesso in forma di serpente, il viaggio nell’universo multidimensionale di una mente tecnologica moderna può essere tranquillamente compiuto prendendo un ascensore e salendo al millesimo piano di un palazzo.

L’immaginazione non pone limiti perché ci permette di vedere al di là di ogni limite. Agli occhi dell’Uomo di Immaginazione, scrisse il poeta Blake, la Natura è l’Immaginazione stessa. E "Fortis imaginatio generat casum" ci ricordò Montaigne. 

 

Note

  1. Sul mundus imaginalis (‘âlam al-mithâl) del sufismo islamico, vedi l’articolo di Luciano Silva: “La visione in sogno del "Sole di Mezzanotte" nel sufismo iraniano - Gli stati tra sonno e veglia come luogo di risveglio e iniziazione nella mistica sufi”.
  2. Sull’immaginazione mitica vedere lo studio di Stephen Larsen, “L’immaginazione mitica – La ricerca del significato della vita attraverso la mitologia personale”, Interno Giallo Editore.
  3. Stanley Keleman, “Myth and the Body – a colloquy with Joseph Campbell”, Center Press California
  4. “Una forte immaginazione, genera un fatto”, Michel de Montaigne (Saggi, Libro I, Cap. XXI)

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