La guarigione nello sciamanesimo amazzonico: la malattia e la sua guarigione presso gli Shipibos - di Luciano Silva
L'estrazione dalle intrusioni e il recupero dell'Anima presso gli Shipibo.
18/02/2011
La guarigione con le piante maestro ad opera degli sciamani shipibos permette alle popolazioni abitanti la vastissima foresta amazzonica di sopravvivere alla natura selvaggia e guarire le persone da un’ampia serie di malattie. Il contributo che segue nasce da esperienze dirette di guarigione condotte da sciamani shipibos nella foresta amazzonica peruviana. Testo e foto: Luciano Silva
Come in molte altre culture sciamaniche, anche tra gli Shipibo e Conibo della foresta amazzonica vi è la visione della malattia come intrusione di energie oscure e dannose all’interno del corpo fisico o energetico del paziente oppure a causa di una frammentazione o perdita dell’anima. Con l’utilizzo delle piante, lo sciamano non solo ottiene la visione in fase diagnostica delle cause che hanno prodotto una certa malattia ma anche la cura. La pianta di potere stessa concede allo sciamano la visione di quali parti del suo corpo fatto di foglie, tronco e radici, vanno utilizzate e come per la gisuta terapia.
La cosmologia rivelata dalle piante maestre allo sciamano vegetalista riflette la visione animistica delle varie tribù abitanti il bacino amazzonico. La Natura è animata da poteri spirituali in grado di comunicare con gli esseri umani tramite l’accesso alla realtà non ordinaria, accesso che viene permesso, ma non a tutti concesso, dalle piante maestre stesse. Alcuni spiriti si comportano come alleati dello sciamano, altri sono spiriti “malevoli” dai quali occorre difendersi.
Una delle possibili cause di una malattia può essere l’intrusione o la possessione di spiriti “malevoli” che lo sciamano è in grado di diagnosticare e che vengono visti nel corpo del paziente sottoforma di frecce o dardi (virotes). In tal caso, gli sciamani sostengono che vi è stata una trasmissione, consapevole o meno, di energia malevola da parte o di un altro sciamano (la qual cosa rende la guarigione più impegnativa) oppure da un altro essere umano che per invidia, gelosia, vendetta o altri sentimenti oscuri ha proiettato queste energie negative verso il paziente.
Uno degli strumenti di difesa forniti dagli sciamani ai pazienti, specie dopo una operazione di estrazione di una intrusione che ha causato la malattia o di un recupero dell’anima (talvolta rapita dagli spiriti o persa nel loro mondo), è l’arkana¸ una sorta di “vestito magico” di protezione che non può essere più penetrato da alcuna entità n’è dagli elementi. Riporta Don Emilio, uno sciamano intervistato da Luis Eduardo Luna (riportato in “Vegetalismo – shamanism among the mestizo population of the peruvian amazon”, 1986): “Arkana è come una camicia di acciaio, però che si muove da tutte le parti. Non è come un casco, che non ti da tranquillità. E’ una camicia ben serrata. Dunque nulla può entrarti da lì. Non entra il sole, non entra la pioggia, l’aria, niente, perché stai bene al sicuro”.
L’arkana può essere fornito dagli spiriti alleati stessi, può essere “costruita” dallo sciamano tramite il fumo o richiamata tramite un icaro, una magica melodia. Questi spiriti protettori possono assumere anche forme antropomorfe. Le arkana possono essere invocate anche prima di una sessione con l’ayahuasca con lo scopo di proteggere lo sciamano e/o i partecipanti la cerimonia dalla eventuale venuta degli spiriti malevoli.
Altri spiriti, chiamati propriamente “dottori”, sono invocati e incorporati durante una sessione per guarire o curare un malato. Si possono manifestare gli spiriti di vecchi sciamani defunti, di famosi dottori, anche provenienti da tutte le parti del mondo, talvolta spiriti extra terrestri.
L’estrazione delle intrusioni con lo “yachay”
Uno degli strumenti utilizzati dai vegetalistas nelle operazioni di guarigione è lo yachay , termine che si può tradurre come una sorta di “flemma magica”. Si tratta di un potere trasmesso dagli spiriti, normalmente durante le cerimonie di iniziazione dei neofiti, e che si installa all’altezza del petto ed in particolare nello stomaco dello sciamano e la cui funzione principale è quella di costituire una sorta di protezione dalle intrusioni o dagli attacchi degli stregoni. Queste intrusioni sono viste come frecce magiche che restano conficcate nel corpo del paziente e che grazie allo yachay possono essere estratte ed espulse, normalmente vomitate fuori dal paziente.
L’azione dello yachay nei confronti di queste “frecce” magiche o dardi (chiamati virotes) è di tipo magnetico, la flemma attira le frecce rimaste intrappolate nel corpo del paziente, lo sciamano per suzione le estrae (durante l’estrazione le frecce si separano dallo yachay) e le sputa fuori dalla casa restituendole agli elementi. Se questi virotes sono state lanciate da uno stregone a scopi malevoli si ritiene che dopo la loro estrazione queste ritornino indietro a chi le ha provocate. L’estrazione per suzione, comune a molte pratiche sciamaniche di guarigione in diverse parti del mondo, può procedere solo dopo che il vetegalista ha “preparato” o meglio richiamato lo yachay dal proprio stomaco, operazione che comporta talvolta l’ingestione di canfora e fumo di tabacco. Analoga concezione si trova presso gli Jivaro, come ha testimoniato Michael Harner, col nome di tsentsak, una sostanza brillante nel quale gli spiriti aiutanti sono contenuti e che può essere usata sia a scopi offensivi (come le frecce di cui sopra) o difensivi (come scudo contro le intrusioni od eventuali attacchi esterni).
Questo yachay pare dunque rappresenti contemporaneamente sia il potere di offendere producendo queste frecce o virotes e lanciandole contro i nemici, sia gli spiriti aiutanti stessi che concorrono invece alla loro estrazione, sia il luogo o la “materia” nella quale gli spiriti sono contenuti. In uno stato di coscienza espanso lo sciamano può vedere questi virotes talvolta sottoforma di insetti, spine o pezzi di osso. Citato da Eliade, in “Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi”, Mètraux scrive circa lo sciamanesimo amazzonico: “Tra la magica sostanza, una massa visibile e tangibile, le frecce, spine o cristalli di roccia con i quali lo sciamano lavora non c’è una sostanziale differenza. Questi oggetti materializzano il potere dello sciamano il quale, tra le varie tribù, è concepita come una vaga e piuttosto astratta forma di una magica sostanza”. L’identificazione di questa magica sostanza con il potere magico dello sciamano porta ad ipotizzare che essa possa coincidere con il potere stesso trasferito al vegetalista dagli spiriti delle piante, potere che può essere utilizzato dallo sciamano per sanare così come per colpire. Sta allo sciamano decidere se utilizzare i doni degli spiriti per la stregoneria (intesa qui con la accezione di pratiche destinate a recare danno a qualcosa o qualcuno) o per la guarigione. Sembra che la via “oscura” sia più facile ed immediata di quella “luminosa”.
Una simile idea viene riportata da Harner parlando degli Jivaro: “Alla fine del primo mese, un tsentsak (la magica sostanza simile allo yachay) esce dalla bocca. Con questa freccia magica a disposizione, l’apprendista sciamano esprime un tremendo impulso a stregare (inteso qui nel senso di praticare arti magiche a scopo malevolo). Se egli getta il suo tsentsak per soddisfare a questo desiderio, diventerà uno stregone. Se invece il novizio può controllare questo impulso e reinghiotte questo primo tsentsak, allora diventerà uno sciamano curatore”. Alcune piante sono, a detta dei vegetalisti, da considerarsi “malevole” di per sé, ovvero la loro assunzione porta comunque ad impossessarsi di poteri malvagi, altre invece danno un potere che può essere usato per entrambe gli scopi, altre invece essenzialmente per la guarigione. Lo sciamano gode di una certa discrezionalità nel scegliere se vuole ricevere tutti i doni di potere offerti dagli spiriti delle piante o solo alcuni e decidere dunque quali di questi poteri vuole incorporare. E’ anche vero che per poter guarire una malattia causata da una stregoneria occorre anche conoscere come questa funzioni e dunque avere una conoscenza o esperienza delle tecniche usate dagli stregoni (brujos o hechicheros) per recare danno. L’ambizione al potere può diventare essa stessa un boomerang per lo sciamano. Come diceva don Juan Matus, maestro e mentore di Carlos Castaneda, il potere può diventare uno degli ostacoli da superare per un uomo di conoscenza. Più conoscenza e potere uno acquisisce e più aumenta la tentazione di utilizzarlo impropriamente.
Le due cause più comuni di malattie diagnosticate e curate dagli sciamani vegetalisti (così come da molti altri sciamani appartenenti ad altre culture e località) sono l’intrusione di energie oscure, qui rappresentate e viste come frecce magiche (virotes) e la perdita dell’anima. Altre cause di malattia che richiedono l’intervento di uno sciamano possono essere malefici operati da uno stregone tramite incantesimi od invocazioni, attacchi da animali o serpenti (che possono essere visti come attacchi da parte di spiriti malevoli), oppure tutti quei casi in cui il ricorso dalla medicina occidentale non porta alla guarigione (in tal caso nasce il sospetto che la causa sia da ricercare nel mondo dello spirito). Il primo intento del vegetalista è dunque verificare se la causa della malattia è naturale o magica.
Nel caso in cui lo sciamano non sia in grado di diagnosticare la malattia allora egli ricorre alle piante di potere che gli mostreranno tramite le loro visioni la causa del problema. Tra gli aspetti tenuti in considerazione in fase diagnostica ci sono anche elementi riguardanti lo status economico e famigliare del paziente, la sua situazione emotiva, il rapporto con il partner e/o con i figli e con i parenti. Si potrebbe definire una sorta di terapia famigliare in tal caso, dove talvolta viene coinvolto nella cura anche il parente od il famigliare del paziente coinvolto nella causa del disturbo diagnosticato al paziente stesso. Gli sciamani maestri (maestros) identificano la causa della malattia solo dando uno sguardo al paziente, altri invece durante i loro viaggi sciamanici o in sogno (le visioni avute durante i viaggi sciamanici sono trattate egualmente a quelle viste in sogno). L’idea generale che è la malattia sia causata da impurità accumulate sia tramite alimenti o tramite una vita sregolata oppure da una specie di flemma che si accumula negli organi e causa svariate malattie. Lo sciamano in tal caso procede direttamente alla rimozione per estrazione di questa flemma, normalmente espulsa dal paziente tramite vomito o diarrea, oppure in casi più gravi ricorre all’uso delle piante medicinali.
Un caso di guarigione per estrazione compiuto con lo yachay tra gli sciamani Shipibos (*).
L’operazione alla quale abbiamo assistito e della quale siamo stati testimoni è stata una vera e propria estrazione compiuta da uno sciamano shipibo ad una paziente che lamentava forti dolori alla schiena. Dopo essere stati condotti all’interno della capanna dedicata alle cerimonie, lo sciamano iniziò a fumare il suo cachimbo (una piccola pipa utilizzata per fumare tabacco o altre erbe) con una mistura di tabacco selvatico e toè (Brugmansia suaveolens, una pianta enteogena associata alla datura). Dopo questa prima operazione, lo sciamano asperse la persona sputando e nebulizzando sulla testa e su altre parti del corpo, a scopo di purificazione, dell’acqua fiorita (l’agua florida è una colonia semi alcolica profumata ottenuta dalla macerazione di erbe locali e fiori; viene utilizzata da molti sciamani peruviani anche al di fuori dall’area amazzonica). La paziente venne poi stesa per terra e lo sciamano iniziò ad intonare un icaro (un canto magico utilizzato per richiamare gli spiriti o per invocare la loro guarigione). Al termine, facendo una serie di rumori con lo stomaco e con la bocca, lo sciamano sembrava voler risucchiare dallo stomaco della saliva o una sostanza liquida che velocemente gli riempieva la bocca per poi deglutirla di nuovo. Questo processo di risucchio e successiva ingestione di questa flemma (lo yachay) procedette per molti minuti (circa un venti minuti). Al termine lo yachay fu pronto per essere utilizzato per l’estrazione: lo sciamano si chinò sulla paziente e con le mani diagnosticò esattamente il punto in cui venne localizzata l’intrusione per poi avvicinare la bocca e per suzione iniziò a richiamare di nuovo la flemma dallo stomaco, succhiare l’intrusione dal corpo della paziente e deglutirla di nuovo. A tratti, lo sciamano sembrava quasi voler mangiare qualcosa, come se volesse addentare qualcosa dal corpo della paziente (la paziente testimonierà dopo di aver sentito come se la stesse mordendo veramente sul fianco e strappando qualcosa dal corpo). Durante la suzione, lo yachay venne utilizzato per succhiare l’intrusione fuori dal corpo della paziente e solo al termine, lo sciamano sputò fuori in natura tutto il liquido che si era raccolto in bocca consegnando l’intrusione estratta alla terra (n.d.r. da qui si conferma di nuovo la guarigione sciamanica come operazione di trasmutazione dell’energia oscura, una volta localizzata ed estratta dal corpo del paziente, da parte degli elementi).
Al termine, lo sciamano soffiò di nuovo del fumo di tabacco sul punto di suzione a scopo di purificazione finale. La paziente il giorno dopo riferì di aver avuto la sensazione, durante l’operazione di estrazione tramite suzione, di un liquido che penetrando attraverso il fianco le lavasse via internamente il dolore per poi essere risucchiato fuori.
Il recupero dell’Anima
L’idea che l’anima (o più anime) possano essere perse da una persona a causa di una malattia, di un trauma, di un forte spavento o rapite da spiriti malvagi è abbastanza condivisa da molte culture sciamaniche. Nelle tribù indigene del nord e sud America è diffusa la visione che l’anima possa allontanarsi dal corpo durante il sonno, durante la trance oppure appunto in caso di incidente o malattia. Tra le tribù amazzoniche pare sia altresì condivisa l’idea della presenza di due anime: una legata al corpo avente la funzione di mantenerlo in vita, l’altra invece che può fuoriuscire dal corpo e andare ad esplorare, ad esempio, altri mondi. Quest’anima si può allontanare durante il sonno ed al tempo stesso vegliare sul corpo a distanza, ma se quest’anima dovesse perdersi ciò causerebbe la morte del corpo. In caso di forte spavento, soprattutto per i più piccoli, l’anima può in tal caso essere persa dal corpo e tale eventualità talvolta si manifesta con reazioni di vomito, diarrea, insonnia o forti crisi di pianto. L’anima può essere anche “rapita” da spiriti malvagi durante una sessione con l’ayahuasca quando la persona si trova in trance.
Il vegetalista in tal caso può essere in grado di riportare l’anima al legittimo proprietario sia rimanendo in “questo mondo”, sia viaggiando nel mondo degli spiriti. Una sorta di “perdita dell’anima” può nascere anche da problemi sentimentali come separazioni, tradimenti, divorzi o altre situazioni che possono comportare una forte reazione emotiva e dunque un effetto sull’equilibrio del legame tra anima, mente e corpo.
Il processo di recupero dell’anima procede attraverso l’utilizzo del fumo purificatore e per suzione (l’idea è quella comunque di estrarre un qualcosa che ha preso il posto dell’anima per creare lo spazio affinché questa, o una parte di essa, possa ritornare). Si crede che l’anima possa essere reintegrata attraverso la fontanella (**).
Note
(*) Omettiamo i nomi delle persone coinvolte nell’operazione per ragioni di riservatezza.
(**) Questa visione, coincidente con quella di molti altri sciamani di altre culture differenti, concorda con quanto riportato da Michael Harner e da altri collaboratori della Foundation of Shamanic Studies all’interno della tecnica di recupero dell’anima proposta nei seminari di core-shamanism descritta nel libro di Sandra Ingerman “Il recupero dell’Anima” (vedere bibliografia).
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