L'"integrazione funzionale" del sonno - Michael Krugman
Copyright © 2006 by Michael Krugman. Tutti i diritti riservati.
12/05/2011
Traduzione italiana Ass. Culturale Il Cerchio Sciamanico su gentile concessione.
Il Sounder Sleep System™ (Sistema Sonno Profondo) è un metodo di educazione somatica unico, volto all’autoguarigione dall’insonnia e dallo stress della vita. Il sistema si basa su tecniche respiratorie e movimenti delicati e sincronizzati chiamati Mini-Moves™ (Mini-movimenti) per rilassare il corpo, calmare la mente e acquietarsi per prendere sonno. Oltre a idee e osservazioni personali che ho elaborato, per il Sounder Sleep System™ ho attinto a diverse fonti tra le quali lo yoga, il qigong e varie tecniche di meditazione, e inoltre alle teorie e alla pratica di Moshe Feldenkrais, il grande maestro moderno di consapevolezza e di movimento.
Tra quanti seguono i corsi che propongo per poter poi insegnare, parecchi sono insegnanti del Metodo Feldenkrais® – come me. Spesso, quindi, trovo utile precisare gli elementi che il mio sistema ha in comune con il Metodo Feldenkrais. In questo breve articolo vorrei affrontare un aspetto chiave che è anche un elemento di convergenza tra il Sounder Sleep System e il Metodo Feldenkrais. Si tratta della geniale teoria dell’integrazione funzionale elaborata da Moshe Feldenkrais, cioè la natura dell’azione, con l’applicazione di tale teoria all’atto del dormire.
Mi sono reso conto che – stranamente – nella comunità Feldenkrais molti miei colleghi hanno un’idea piuttosto vaga di cosa pensa Moshe del sonno. Non tutti hanno chiaro che Moshe trattava sempre il sonno come una funzione umana di base, una funzione essenziale e indispensabile come sedersi, stare in piedi, camminare, mangiare, respirare, come l’atto sessuale o qualunque altra azione necessaria per la vita – com’è infatti il sonno!
Per esempio, nel suo libro “The Potent Self “ (n.d.t. trad. italiana “L’Io Potente”, ediz. Astrolabio) Moshe fa alcune affermazioni estremamente chiare e condensate sulla sua teoria della reversibilità, e qui il sonno è parte essenziale dell’equazione. Egli scrive che “la reversibilità contraddistingue l’azione corretta, anche il sonno”[1]. Poi prosegue parlando del sonno non soltanto come un esempio tra gli altri, ma piuttosto come un paradigma della reversibilità nella funzione umana.
Analogamente, quando nello stesso libro Moshe approfondisce la sua teoria dell’integrazione funzionale, il sonno è incluso esplicitamente. Si tratta di un passaggio piuttosto lungo, ma lo riporto per esteso; poi ne estrapoleremo una parte più breve, un’affermazione che espone – in una forma chiara e compatta, facile da analizzare e assimilare – le idee di Moshe sull’integrazione funzionale del sonno. Ecco quanto è scritto a pagina 93 dell’edizione inglese di The Potent Self[2]:
“I nostri pasti, il sonno, il riposo, il sesso e infine tutto quello che facciamo viene attuato mediante un’attività muscolare. Cosa ancora più importante, l’intero organismo deve essere portato in uno stato in cui obbedisce ed esegue gli atti progettati. Ogni azione muscolare volontaria è associata a un atteggiamento dello scheletro, a uno stato vegetativo del corpo e ad un corrispondente sottofondo emotivo. E, anche se indirettamente, noi abbiamo un controllo significativo su questi stati, soprattutto attraverso i centri motori volontari.”
È un’affermazione ricca di contenuti, vero? A mio parere, qui viene espressa in forma condensata la teoria dell’integrazione funzionale, cioè il modo in cui tutte le parti interessate di un essere umano devono essere coordinate o, per usare la terminologia di Moshe, “integrate” per produrre una data funzione, che si tratti del mangiare, del dormire, dell’attività sessuale o di qualunque altra funzione.
Mi è capitato di parlare per un’ora partendo da questo passaggio. Ma non voglio prendervi così tanto tempo, perciò ridurrò questo brano piuttosto lungo ai suoi elementi essenziali e terrò soltanto le parti che hanno una pertinenza diretta con la funzione del sonno. Eccolo, quindi, suddiviso in una serie di quattro affermazioni distinte:
1. “Il sonno ... viene attuato mediante un’attività muscolare.
2. Cosa ancora più importante, l’intero organismo deve essere portato in uno stato in cui obbedisce ed esegue l’atto progettato [di addormentarsi].
3. [L’attività muscolare che conduce al sonno è] associata a un atteggiamento dello scheletro, a uno stato vegetativo del corpo e ad un corrispondente sottofondo emotivo.
4. E, anche se indirettamente, noi abbiamo un controllo significativo su[l nostro sonno], soprattutto attraverso i centri motori volontari.”
Come vedete, dall’affermazione più ampia del principio generale dell’integrazione funzionale, abbiamo ricavato un’asserzione molto concisa riguardante specificamente il sonno come funzione umana. Che senso ha? Cosa ci dice?
Per cominciare, ci dice che il sonno non è un fenomeno occulto, né una qualche misteriosa sospensione dell’azione e della coscienza che non sappiamo come si verifichi. Piuttosto, dice Moshe nel primo passaggio, il sonno è un’azione fisica; esso viene “attuato mediante un’attività muscolare”. Moshe Feldenkrais ha ragione a formulare ciò, non è vero? È lui che ha detto che il movimento è la vita e che senza movimento non si può pensare la vita. Anche parlando del sonno – che è la cessazione di ogni azione, di ogni sforzo – egli pensa in termini di azione muscolare, di movimento!
Bene, allora: quali sono gli atti muscolari che compiamo al fine di dormire? La risposta la conoscete: trovare un posticino buio, tranquillo e sicuro, preferibilmente non frequentato dalle tigri dai denti a sciabola o da quelle enormi aquile coronate che molto tempo fa – lo abbiamo appreso di recente – erano tra i più attivi predatori dell’uomo. Poi, preparare un giaciglio di qualche tipo, una superficie morbida e che ci sostenga sulla quale potersi distendere, e magari trovare una pelle o un tessuto da usare come coperta. Ancora, distendersi o appoggiarsi almeno in parte, chiudere gli occhi, trovare una posizione comoda che dia un buon sostegno, infine rimanere fermi e tranquilli, respirare piano, e così via. Questa è la prima parte.
Con la seconda parte scopriamo qualcosa di “ancora più importante” di quei semplici atti muscolari. Leggiamo che “l’intero organismo deve essere portato in uno stato in cui obbedisce ed esegue l’atto progettato [di addormentarsi]”. Di quale stato si tratta? La risposta arriva con la terza parte: “[Queste azioni muscolari che conducono al sonno sono] associate a” tre cose: “[1] a un atteggiamento dello scheletro, [2] a uno stato vegetativo del corpo e [3] ad un corrispondente sottofondo emotivo”. Quando questi tre elementi sono in accordo con le nostre azioni muscolari volontarie, allora – e solo allora – osserva Moshe, potremo raggiungere quello stato integrato dal punto di vista funzionale che ci consentirà di addormentarci.
Vediamo uno alla volta i tre elementi. Qual è l’atteggiamento dello scheletro associato al sonno? Lo sapete già: reclinarsi parzialmente o distendersi sulla schiena, sul fianco o a pancia in giù. Tra parentesi, ci si può addormentare anche in piedi o persino al volante, guidando, ma quelle non sono azioni volontarie, quindi non rientrano nella nostra discussione.
Poi c’è la seconda componente, lo “stato vegetativo del corpo” associato al sonno. Di cosa sta parlando Moshe? Da quando egli scriveva, negli anni ’40 del novecento, il termine è caduto in disuso, quindi vorrei chiarirlo. “Stato vegetativo” indica lo stato del sistema nervoso autonomo che regola tutti i processi corporei involontari atti al mantenimento della vita, e i relativi meccanismi di controllo situati nel tronco cerebrale.
Il sistema nervoso autonomo, naturalmente, si suddivide in due parti antagoniste; una delle due, il simpatico, stimola l’attivazione fisiologica e la vigilanza psicologica ed è collegata alla reazione di stress e alla risposta chiamata “fight or flight” (lottare o fuggire). L’altra porzione del sistema nervoso autonomo, il parasimpatico, induce il riposo, il recupero, la digestione e la conservazione delle energie vitali. In breve, il simpatico è un meccanismo eccitatore e il parasimpatico un meccanismo inibitorio.
Avendo chiarito questo, possiamo dire che lo stato vegetativo richiesto per il sonno è uno stato nel quale domina l’attività parasimpatica, inibitoria, e si verifica un declino dell’attività simpatica, eccitante. Quando ciò accade, diversi parametri dell’attività metabolica registrano una significativa diminuzione; tra questi, la pressione sanguigna e il battito cardiaco, il consumo di ossigeno, il tono muscolare, la temperatura interna del corpo e l’attività di elaborazione cerebrale. Gradatamente discendiamo in ciò che viene definito uno “stato ipometabolico”, cioè caratterizzato dalla ridotta attività metabolica, ed è proprio quello che serve per addormentarsi e rimanere addormentati. (Fa eccezione la fase del sonno REM, durante la quale il metabolismo diviene instabile e il cervello è fortemente attivato – ma questo è l’argomento di un altro articolo.)
Infine, la terza componente dell’equazione: il “sottofondo emotivo”. Che genere di sottofondo emotivo è necessario per addormentarsi, secondo voi? Sicuramente un senso di pace, tranquillità, sicurezza e soddisfazione. A sostegno di questa affermazione cito sempre la ricerca realizzata da una brillante psicologa sperimentale della Oxford University, Alison G. Harvey. Un particolare studio (appartenente a una serie di lavori correlati) mette a confronto i pensieri fatti prima di addormentarsi da persone che soffrono di insonnia e da persone dal sonno regolare. Mentre aspettano di addormentarsi, coloro che soffrono di insonnia dicono di avere in mente cose quali le finanze, le relazioni, i problemi di lavoro e altri pensieri che disturbano. La risposta che compare più di frequente per quanti hanno un sonno sano è pensare a “niente di particolare”. Come mostra questa ricerca, un buon sonno richiede un sottofondo emotivo tranquillo, una mente calma e limpida. Tra l’altro, è vero anche l’opposto: una testa piena di preoccupazioni o di pensieri che disturbano può tenervi svegli!
Ora possiamo mettere insieme tutti gli elementi necessari per uno stato integrato dal punto di vista funzionale che sia adeguato al sonno. [Vedi il diagramma alla pagina seguente.] Abbiamo anzitutto le azioni muscolari volontarie che compiamo per dare inizio al processo del sonno. Poi ci sono le tre componenti appena descritte – atteggiamento dello scheletro, stato vegetativo e sottofondo emotivo – che portano l’intero organismo in un stato che “obbedisce ed esegue” la nostra intenzione di addormentarci. Se tutti questi elementi sono in accordo, e se abbiamo bisogno di dormire, allora ci troveremo a fluttuare, sognare, sonnecchiare – e prima di rendercene conto il sole farà capolino dalla finestra perché sarà ora di cominciare una nuova giornata!
Arriviamo così alla quarta affermazione di Moshe, quella che più ci provoca e che io considero una sorta di ‘chiamata per dare la sveglia’ a noi educatori del movimento. Scrive Moshe: “... indirettamente, noi abbiamo un controllo significativo sul [nostro sonno], soprattutto attraverso i centri motori volontari”.
Bene, amici e colleghi: mi auguro che abbiate sentito la sveglia che Moshe ci dà e che l’abbiate presa a cuore! Perché in qualità di insegnanti del Metodo Feldenkrais o di una qualsiasi altra forma di educazione al movimento, siete maestri nell’arte di usare il movimento fisico come mezzo per imparare, per crescere e per cambiare. E un ambito nel quale le persone – in tutti i paesi civilizzati – hanno molto bisogno di imparare, di crescere e di cambiare è quello del sonno.
Da alcuni studi sull’insonnia realizzati negli Stati Uniti, per esempio, si evince che 60 milioni di persone soffrono ogni anno di insonnia – il 20% della popolazione – e il governo statunitense riporta che le ricette di sonniferi preparate dai medici di questo paese nel 2005 erano oltre 43 milioni. Secondo Saul Kripke, un medico che si occupa di ricerca in questo ambito, quasi sicuramente la cifra reale è assai superiore. In Francia e in Germania la percentuale della popolazione che assume farmaci per dormire, per la maggior parte in modo cronico, è ancora maggiore. Uno studio condotto in sette paesi europei ha riscontrato la prevalenza maggiore di sonno non ristoratore nel Regno Unito e in Germania: rispettivamente 16,1 e 15,5%. In uno studio del 2005 effettuato in Italia, Francia, Giappone e Stati Uniti, il tasso di insonnia più elevato – 37,2% – corrispondeva alle risposte ottenute in Italia e in Francia.
Si tratta di cifre sconvolgenti, a meno che non siate proprietari di un’azienda farmaceutica – nel qual caso probabilmente vi sentite molto tranquilli e quindi pronti a farvi un sonnellino beato, anche adesso! Queste cifre ci dicono che l’insonnia oggi è un problema di proporzioni epidemiche e che i sonniferi, che dovrebbero essere soltanto l’ultima risorsa per i casi di insonnia intrattabile, sono diventati la prima linea di difesa di fronte al problema. Se dite al vostro medico che non riuscite a dormire, nella maggior parte dei casi vi darà delle pastiglie – magari da prendere per tutta la vita. Caso chiuso.
Intanto il nostro grande profeta della consapevolezza di sé e del movimento, Moshe Feldenkrais, ci ha rivelato che il problema dell’insonnia – che come società tentiamo di seppellire sotto un cumulo di pastiglie, gocce e pillole – in realtà è soggetto al nostro controllo, non per mezzo di pillole e pastiglie, ma principalmente attraverso i nostri movimenti volontari. A mio modesto parere, dovremmo ascoltare il nostro profeta e agire conformemente alla sua profezia.
La domanda è: in che modo? Come possiamo usare i movimenti volontari per migliorare la nostra capacità di dormire e di riposare, e più specificamente la nostra capacità di indurre il sonno quando esso ci sfugge? Ovviamente questo è l’oggetto del Sounder Sleep System, ma la risposta è presente in nuce anche nel Metodo Feldenkrais. Abbiamo sperimentato tutti quella sensazione tra il sonno, il sogno e la sonnolenza che ci prende durante certe lezioni di CAM (n.d.t. esercizi di “Consapevolezza Attraverso il Movimento”, detti anche di Integrazione Funzionale), in particolare quelle che comprendono dei movimenti delle mani, degli occhi, delle labbra o della lingua, e ancora più specificamente quando i momenti di riposo proposti dall’insegnante tra un movimento e l’altro durano… un po’… troppo. Certo, noi siamo professionisti dell’educazione al movimento e non ci addormentiamo mai davvero durante queste lezioni; ma potremmo, se volessimo – non è così?
Per sviluppare il Sounder Sleep System ho adattato e ampliato queste conoscenze implicite concentrandomi su un solo oggetto: un sonno migliore, più profondo e più riposante. Il risultato finale è una serie di pratiche di movimento brevi, ripetibili, di straordinaria efficacia, facili da imparare e ricordare per un adulto – ma anche per un bambino o un adolescente interessato, diciamo a partire dai 7 anni d’età. Nella maggior parte dei casi di insonnia primaria, indotta dallo stress – dove non c’è una malattia soggiacente che interferisce con il sonno – la pratica regolare del sistema per il sonno profondo consentirà di ottenere il sonno naturale e riposante di cui si ha bisogno, quando se ne ha bisogno.
In parole semplici, il concetto chiave del Sounder Sleep System è che possiamo usare i nostri movimenti e il respiro per indurre il sonno. Dato che oltre il 95% delle persone avranno a che fare con l’insonnia nel corso della loro esistenza, si tratta di una capacità essenziale per la vita. Possiamo preparare le persone in anticipo, così quando l’insonnia le colpisce esse sapranno cosa fare. Per questa ragione, il sistema dovrebbe essere insegnato nelle scuole, nelle università, negli ospedali, nei centri per la salute della donna, nei centri per gli anziani e in tutti quei luoghi in cui si va per prendersi cura della propria salute e della propria vita.
Tra l’altro, è anche un modo molto efficace di presentare il concetto di educazione al movimento a quanti non lo conoscono. Nella mia esperienza, c’è un passo molto breve dal Sounder Sleep System per l’insonnia al Metodo Feldenkrais per migliorare il movimento, la consapevolezza di sé, la spontaneità e la crescita della persona. Le persone che aiuterete a dormire meglio ve ne saranno grate e avranno fiducia in voi, e se vorrete dir loro qualcosa le troverete bendisposte per ascoltarvi.
Siamo alla conclusione della mia introduzione relativamente breve all’integrazione funzionale del sonno. Spero di non avervi fatto addormentare – non ancora… Per finire, vorrei invitarvi a seguire i corsi di Sounder Sleep System e a collaborare per proporlo al pubblico, che ne ha più bisogno che mai in un’epoca tanto turbolenta!
Grazie per la vostra attenzione. Che le vostre giornate vi portino movimenti facili e leggeri, le vostre notti un sonno riposante e dei bei sogni! E adesso, se lo desiderate, potete senz’altro farvi un pisolino.
[1]Il volume è edito in italiano da Red Edizioni con il titolo Il metodo Feldenkrais (Milano 2003); l’affermazione citata è a p. 135, n.d.t.
[2]Il brano citato è a p. 112 dell’edizione italiana, dalla quale qui ci discostiamo leggermente; optiamo infatti per una versione più letterale che ci consente di seguire meglio il discorso e l’approfondimento che segue, n.d.t.
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